lunedì 14 febbraio 2011

La bolla del Web 2.0 cresce

Il Wall Street Journal ha scritto un bellissimo articolo su come la supervalutazione di Twitter fa da barometro alla pericolosità del mercato delle start-up del Web 2.0. Che è tutto un turbinio (di cui a volte sono stato testimone diretto) di fusioni, acquisizioni e, principalmente, valutazioni fuori da qualsiasi canone accettabile, che puoi considerare ragionevole solo se pensi che compratore, venditore e terza parte valutatrice fossero lì per le rispettive percentuali e per reggersi a vicenda un gioco che ormai è andato troppo oltre e non si può più fermare.


L'idea provocatoria del WSJ è semplice: se un'azienda viene valutata X ma ricava solo un millesimo di X, come è possibile metterla sul mercato finiti i capitali d'investimento? Chi comprerà le azioni di un Facebook supervalutato o di un Twitter aerostatico quando approderanno sul mercato pubblico? Come riusciranno a far fronte a dei costi non lineari (Web Engineering 101), che continuano ad esplodere, perché nessuno di loro ha realmente innovato (o lo ha fatto male) in tecnologia ma solo spinto al massimo il volume della comunicazione e del "marketing" (che ormai ha perso qualsiasi contatto con la fattibilità industriale)?


Al momento tutti i social-carrozzoni fanno quadrato, danno allo loro base d'utenza una congrua valutazione in dollari, scelta appositamente per giustificare (spesso addirittura per far risultare sottostimato) il loro "valore di mercato". Glissano sui costi d'infrastruttura e d'esercizio, che crescono continuamente e senza sosta (un problema che nel suo piccolo ha sempre frenato anche la redditività di World of Warcraft per Blizzard, sino ad obbligarla a vendere per limitare i rischi).

Il problema è che le stime sono del tutto ottimistiche: basta sapere cosa sia un DB non relazionale (non proprio un'innovazione dell'ultimo minuto) per sapere che i dati ci sono, il problema è correlarli in modo scientifico ed affidabile che è tutto un altro film, un film che è  fuori dal core business dei social network, al momento (basta vedere gli strumenti per gli ads di Facebook per capire che i criteri sono ancora da Web 1.0). Probabilmente la prossima bolla sarà pilotata da inesperti entusiasti che convincono altri inesperti entusiasti sull'usabilità di tali dati, senza alcuna dimostrazione scientifica della cosa. Un po' come i SEO.

Certo è, chiosa il WSJ, che quest'anno Twitter ha ricevuto l'ultima tranche di fondi d'investimento e dall'anno prossimo dovrà realmente fare sul serio, oppure sarà come Spotify e soci. Poi toccherà a Facebook.

3 commenti:

  1. peccato per twitter che trovo molto utile e comodo.

    Per fb spero imploda. questi speculatori del cazzo, facciamo un'altra bolla tanto va bene l'economia mondiale, in particolar modo occidentale.
    Ogni tanto vedo nuovi progetti di social network che non hanno nemmeno senso.

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  2. La cosa che a me spaventa di FB è che viene "venduto" come un servizio in grado di fare un data mining avanzatissimo sui profili utente, poi guardi il suo servizio di pubblicità e tutto quello che ha da offrire sono delle keyword... Qualcosa non torna.

    Se non altro hanno il credito virtuale per i micropagamenti che, se riuscisse a decollare, sarebbe l'unico servizio in grado di sostenere questo modello, visto che Flattr è stato un servizio pensato male e gestito peggio.

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  3. Speculazione a parte, non ho mai capito come le aziende del web possano essere valutate più di aziende di altri settori come Warner, Sony o Fiat che hanno brevetti, know how ed infrastrutture su cui dare un riscontro materiale del loro valore
    Fleym

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